Teatro a Verona

COVID19 E XXI SECOLO: CHE TEATRO SARA’?

CON O SENZA HASHTAG
TORNEREMO A RIEMPIRE I TEATRI!



Ciao a tutti.  Siamo alla quarta settimana di chiusura di modus.

Stiamo tutti vivendo un momento di diversità dal consueto ed è interessante vedere, come sempre accade in queste situazioni, come la collettività si divida e si ritrovi in differenti posizioni di pensiero.
C’è chi vive questo con fiducia e per nulla celato entusiasmo per essere di fronte ad uno stop che ha del salvifico, portatore di scoperte o riscoperte.
C’è chi invece pone l’accento sull’immediato tracollo economico e quindi anche socio-economico.
C’è chi vede nella accelerazione degli ultimi giorni la definitiva affermazione delle nuove tecnologie di comunicazione, di relazione, di informazione, di acquisti,  di socialità e quindi entusiasticamente ne sollecita sempre di più la necessità.
Chi per contro invece trova eccessiva l’invadenza in queste tecnologie e con nemmeno dissimulato dietrologismo intravede già scenari distopici o quanto meno di disponibilità degli uomini a mettersi in condizioni di irreversibile dipendenza da queste tecnologie e di sottomissione ad uno stato di controllo sistemico.
E chissà quante altre sfumature di posizione di pensiero ci potranno ancora essere.

Ovviamente tutto questo ragionamento è al netto del dramma puntuale che vivono le persone infettate, i familiari delle persone mancate e degli operatori che in prima linea stanno affrontando l’emergenza, a cui va chiaramente il primo di tutti i pensieri, unanimemente. E al cospetto dei quali trovo personalmente inopportuni tutti i videini e messaggini che entusiasticamente ovvero con toni finto-mesti rivelano la bontà di questo arresto forzato a favore della salvezza del pianeta o della salute mentale dell’umanità. Argomenti che in sé mi trovano assolutamente d’accordo ma per i quali non mi sento di gioirne con questo dramma in corso.

Da parte mia vedo e vivo tutto questo con serenità e fiducia. Certamente vi saranno gravi ripercussioni negative socio-economiche, probabilmente  tali saranno gli impatti di quello che sta succedendo ora che – così come s’identificava nel Novecento il periodo anteguerra ed il dopoguerra in termini di modifica della società – per quanto riguarda il XXI secolo si arriverà a parlare di un periodo ante virus e post virus.

Al riguardo mi viene in mente l’evidenza di come la Storia ci dimostra che ogni secolo è profondamente diverso dal precedente. Se noi pensiamo al Novecento: è radicalmente diverso dall’Ottocento. Se facendo zapping in tv incappiamo in un film capiamo subito se è ambientato nell’Ottocento o nel Novecento: il costume, l’arte, le forme di governo, la società. Così come l’Ottocento è profondamente diverso dal Settecento, che è profondamente diverso del Seicento e via discorrendo. Ora Questo XXI secolo sarà necessariamente profondamente diverso dal XX e, anche se chiaramente i primi anni di un secolo sono molto simili agli ultimi anni del secolo precedente, il secolo in sè si stigmatizza per una sua profonda diversità dall’altro. E questo di solito, se non forse sempre, avviene a valle di grandi momenti di grande crisi come può essere una guerra, una carestia, un’epidemia, una grande scoperta… qualcosa insomma che sposti  il baricentro del pensare comune. Ed ecco che il secolo prende la sua fisionomia.
Ecco, che a mio avviso anche noi in questo periodo stiamo vivendo esattamente questo. Cioè questo momento è quel catalizzatore, quell’acceleratore della macchina del tempo, che consente al libro della Storia di voltare pagina. Ovviamente i primi anni del Novecento erano molto simili agli ultimi dell’Ottocento, sebbene già si cominciassero a masticare le novità delle innovazioni e delle rivoluzioni in essere. Ed è quello che è successo nei primi anni 2000 molto simili agli anni 90 ma già evidentemente sul declivio del nuovo secolo.  La rivoluzione digitale del primo ventennio del secolo ha gettato non dico i semi ma ha addirittura arato l’intero pianeta.  Ed ora con la Prima Pandemia Mondiale arriverà la svolta che ci farà entrare in quello che la Storia futura identificherà come il XXI secolo.
In questi giorni siamo sulla soglia del futuro. E’ un momento straordinario.
C’è chi vive con fiducia il nuovo che sarà, chi con preoccupazione e forse la maggior parte con più o meno incoscienza.

Con questo discorso voglio ricordare che a valle di ogni grande evento storico per quanto drammatico – immaginiamo all’immediato dopoguerra e mi riferisco alla seconda guerra mondiale o anche alla prima – immediatamente dopo si registra una straordinaria ripresa  di attività e una straordinaria ripresa culturale, seppur magari con scarsità di risorse.
Sicuramente le popolazioni che si sono trovate a valle di grandi guerre avevano davanti una situazione ben più complessa e drammatica di quella che ci troveremo noi alla fine di questa emergenza. Pensiamo qui in Europa alla prima guerra mondiale o alla seconda, con una generazione intera falcidiata e la sospensione o alterazione delle attività per durate di anni, come poi è stato possibile riprendersi per quella gente. Così anche noi dopo una sospensione di qualche mese – e con tutte le strutture produttive e infrastrutturali ancora in essere – sapremo riprenderci!
Dobbiamo pensare, piuttosto, positivamente di caratterizzare la ripresa anche con nuovi paradigmi di pensiero: la nostra società era come un grosso macchinario in movimento inarrestabile: una volta fermato si potranno apportare quelle manutenzioni ordinarie o straordinarie e di ridefinizione dei parametri per un funzionamento più efficace del precedente. Questo è quello che dobbiamo fare se ce ne verrà data la possibilità!!!
Sappiamo che è nella crisi che nasce l’inventiva. Ogni crisi può essere intesa come opportunità di crescita e miglioramento.
In questo, agli artisti spetta il ruolo di creare relazioni e bellezza, ai tecnici e agli imprenditori il ruolo di trovare le soluzioni pratiche.

Quindi il mio invito a voi è che viviate con fiducia il futuro che ci aspetta e altrettanto auspico che l’umanità non si consegni alla totale dipendenza dalle nuove tecnologie, che in questo frangente si stanno dimostrando necessariamente vitali, e che soprattutto non ci si pieghi alla logica del capitalismo dei dati che sino ad ora ne era il comun denominatore. E piuttosto che sia questa occasione per ribaltare alcune prese di possesso da parte dei soggetti che hanno plasmato internet sino ad ora, ben sapendo che la loro non è l’unica forma possibile… un po’ come è stato il Far West che per qualche decennio è stato selvaggio e crudele e senza regole alla mercè degli arraffoni, ma che poi si è normalizzato.

E da uomo di teatro l’auspicio è che l’arte del teatro continui a essere incontro di vivi con i vivi e che non ci si riduca a vedere il teatro mediato da uno schermo (peggio ancora se di 10 centimetri), che altro non rischia secondo me di essere la brutta copia del cinema, dal momento che il linguaggio del video non è quello del teatro e quello del teatro non è il linguaggio del video. Un video non può restituire la pienezza del lavoro artistico, del gesto artistico, limitandosi tuttalpiù ad esserne un documento. Senza dubbio in diversi casi il video di uno spettacolo che avviene altrove o avvenuto in passato può essere una preziosa fonte documentale, ma non è teatro.
Mi auguro invece che si possano trovare nuove forme di linguaggio teatrale contaminate dai nuovi mezzi e che il teatro si sappia così rinnovare per rimanere sempre presente tra le persone, come lo è sempre stato da 2500 anni, anche in un’epoca di grande evoluzione nelle modalità di comunicazione di contenuti e bellezza .

E con hashtag  o senza hashtag davanti vi dico: TORNEREMO A RIEMPIRE I TEATRI!

Andrea Castelletti, direttore di Modus Spazio Cultura Verona


Teatro Modus Spazio Cultura Verona diretto da Andrea Castelletti



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