Teatro

Compagnia Eclissi (Salerno)

L’acquario

di Claudio Grattacaso
regia Marcello Andria
con Felice Avella, Ernesto Fava, Enzo Tot
direttrice di scena Angela Guerra
scenografia Luca Capogrosso
musiche originali: Marco De Simone
Teatro Verona
Un allestimento che punta senza mezzi termini a coinvolgere e a divertire, mettendo in scena una girandola di caratteri, umori, situazioni. Inflessioni agrodolci e frizzante ritmo della scrittura, sottolineati anche dal commento musicale.

Al centro della scena – il claustrofobico studio di uno scrittore, ingombro di libri che precludono il contatto con la realtà circostante – campeggia un acquario, i cui abitanti, come in un meccanismo di scatole cinesi, simbolicamente riproducono le dinamiche psicologiche ed emotive dei tre protagonisti: ignari della loro sostanziale condizione di cattività, pesci esotici dalla variopinta livrea si rincorrono, si azzuffano, si contendono accanitamente l’esiguo spazio vitale, per poi ritornare, sconfitti e malconci, alla convivenza forzata.

Valicata da tempo la soglia che separa l’età dei progetti dall’età dei bilanci, anche i tre vecchi amici che animano la vicenda – Elio, Donato e Sandro – si cimentano in un insidioso gioco al massacro, che mette a nudo insicurezze, paure, debolezze, fallimenti. Il loro rapporto, logorato dagli anni e dalla consuetudine, ha accumulato un fondo di reciproca insofferenza, di dubbi e rancori, di doppiezza e risentimento: una miscela corrosiva che d’un tratto deflagra in un dialogo serrato, dai toni ora aggressivi e beffardi, ora lievi e nostalgici. Elementari strategie di difesa inducono di continuo i tre uomini a mutare alleanze, rovesciando il tavolo appena se ne presenta l’opportunità pur di distogliere l’attenzione da sé, pur di salvare almeno un brandello di personale dignità. L’ironia degenera più volte nello scherno, l’insinuazione in affronto, la commiserazione in disprezzo. Le parole graffiano, feriscono, lasciano cicatrici che non si rimargineranno mai del tutto; eppure producono un effetto catartico, liberano l’emotività, aprono imprevisti squarci di quella comunicazione autentica che negli anni era venuta meno. Tre solitudini, in fondo, che alla fine si abbarbicano l’una all’altra e, dopo essersi dilaniate senza esclusione di colpi, proprio come i pesci dell’acquario, ritornano al punto di partenza del loro insensato e tragicomico percorso. (Marcello Andria)


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